Più notizie in una. In primo luogo Repubblica passa l’incarico di ufficio stampa-ombra del MIUR da Riccardo Luna (reputazione dilapidata) a Maria Novella De Luca. In secondo luogo: sempre lì siamo. Marketing politico e aziendale in luogo di giornalismo. La buona scuola è un esempio di distorsione o manipolazione praticata attorno a una non-notizia (*). Ancora il liceo scientifico ITIS Ettore Majorana di Brindisi, ancora la narrazione edificante del preside. I ragazzi che hanno rinunciato a comprare i manuali, hanno “investito” in computer, hanno “alfabetizzato” i nonni. Luna ci aveva già raccontato la storia. Con gli stessi accenti stupefatti e devozionali, le stesse perorazioni e la moralità “fai-da-te” dettata dalle convinzioni ministeriali. Profumo non è solo aleggiante attorno al testo: è inevitabilmente nominato. Ma in realtà è più che lupus in fabula: è facilmente riconoscibile come l’ideologo-dietro-la-velina (**).
Per chi ricorda la prima apparizione Tv dell’attuale ministro dell’istruzione e della ricerca, mesi fa a Otto e mezzo, non sarà difficile recuperare l’ingiunzione: gli insegnanti, ammise allora Profumo, Lilli nel ruolo di grazioso compotier, dovevano ritrovare “autostima”. Neoliberista o tecnocrate qual è, Profumo sa bene come il riconoscimento sociale passi, in una società retta da principi di market capitalism, per il denaro. Dunque perfino Lilli, sbigottita, chiese se l’aumento delle retribuzioni non dovesse essere la prima misura sulla via dell’”autostima”. Con ritrosa cortesia, Profumo si affrettò a negare: invece ammannì l’apologo del maestro in una società (curiosamente presentata come) arcaica come quella giapponese – lui che ha vissuto in Giappone per circa un anno – e della povertà adorna di deferente timore. Era questo, comprendemmo allora, il modello di “buona scuola” del ministro: questo Giappone un po’ tascabile Bignami, un po’ madamina Butterfly in cui il canuto pedagogo, magro, minuto e di gran barba, muore di freddo e inedia tra lacrimanti ex allievi. Persuaso come sono che Profumo non abbia titolo, mandato, attitudine, visione, abilità, fascino o credibilità etc. per proporsi di ripristinare l’”autostima” in chicchessia; e posto che la semplice formulazione del proposito mi è sembrata, prima ancora che ipocrita, arrogante e inopportuna; sbigottisco oggi a leggere che, tra le “parole d’ordine” della “nuova” scuola c’è, decisiva, fundraising. Cito: “la raccolta fondi [è necessaria] perché il ministero non eroga più nulla: bandi, sponsor, contributi familiari”. La cosa diviene improvvisamente chiara: se esiste una strategia ministeriale per la scuola, è quella della starvation – la “morte per fame”. Ma, avrebbe opposto il defenestrato Luna, non è bene essere pessimisti. Possiamo invece abbondare con exempla miracolistici. Che accade nella “nuova” scuola, montessoriana e stevejobsiana al tempo stesso, svuotata di cattedre e ricolma di lavagne digitali, client di multinazionali dell’elettronica e al tempo stesso formidabile “laboratorio” di “innovazione” sociale, anzi presidio di assistenza? Lo svela Marco Barozzi “educatore e fotografo” nell’intervista all’intrepida De Luca. “Appena arrivato mi hanno chiesto di occuparmi di tre ragazzi difficilissimi… arrabbiati con il mondo e con la vita, violenti… Attraverso il laboratorio di fotografia si è creato un contatto, una confidenza, che a poco a poco ha vinto le loro diffidenze e sgretolato il muro. Oggi siamo amici e loro sono ragazzi sereni”. Il racconto della rude storia di vita a lieto fine intreccia preterintenzionalmente Clint Eastwood e Steven Spielberg, rieducazioni da periferia deindustriale e visitazioni di specie aliene. Ma l’insegnamento è chiaro: basta iPhoto, in definitiva, o una lavagna digitale per risolvere disturbi dell’accudimento e patologie borderline. Leggi il seguito di questo post »