Archivi per il giorno: 13/12/2011

#21. Forse dovremmo pretendere qualcosa di più. Persino da Lilli. Da sempre il suo Otto e mezzo è il salotto del commento istituzionale, della facezia compassata. Potreste mai immaginare un antropologo che a Otto e mezzo discute di incontro culturale? Un astrofisico in jeans sfrangiati che commenta il colpevole deficit di divulgazione scientifica esistente oggi in Italia? O un cooperante rissoso che considera criticamente i modelli occidentali di “conservazione” e “sviluppo”? Nel suo dalemismo intransigente e (forse) preterintenzionale, Gruber ignora la sfidante vastità del mondo, la molteplice articolazione delle sfere pubbliche, gli interstizi biopolitici dove si attestano le pratiche di dominio. Il suo orizzonte politico e sociale, le sue indagini, la sua curiosità si esauriscono entro le confortevoli mura del Palazzo. Se si spingono oltre possono giungere alle sedi dei maggiori giornali o alle testate radiotelevisive del paese; talvolta persino a Bruxelles. Ma mai più in là: il modo dell’esistenza, ai suoi occhi, è l’ufficialità. La determinazione a scongiurare cedimenti nel monopolio discorsivo che con tanta grazia contribuisce a perpetuare è tale da rendere Lilli, più meticolosa che audace, imprevedibilmente immaginativa. Vogliamo un esempio? Questa sera la conduttrice di Otto e mezzo ci ha proposto una puntata da urlo. Lilli ha invitato Francesco Giro (PdL) e Debora Serracchiani (PD) a competere ferocemente tra loro per dimostrare agli attoniti spettatori che l’uno, anzi no l’altra guadagna di meno. Frasi memorabili, da incidere su lapide. Serracchiani: “mi vergogno di guadagnare così tanto”. Giro (subito dopo avere concluso l’apologo di Silvio B.): “[nella politica italiana] non sono stati scelti i migliori”. La crisi internazionale della ricerca o del diritto allo studio, l’inedito cartello di stati insulari che alla Conference on Climate Change di Durban hanno appena condotto la protesta contro l’inquinamento delle grandi nazioni industriali, la discussione internazionale sul talento o l’estinzione dell’ibis calvo potevano mai incrinare per un attimo l’inscalfibile fiducia della Gruber negli interlocutori istituzionali? O attenuare la sua avversione a ogni misura perequativa nell’informazione? Giammai. Lilli è una salda garanzia di conservazione: più affidabile persino degli attempati commentatori che predilige e a cui ricorre con ammirevole mancanza di curiosità per altre voci, altri punti di vista. Gli abiti indossati con distinzione appena un po’ altera ci ricordano che anche gli stilisti hanno della signora un’opinione che lambisce il culto, e sono desiderosi di “firmarne” le apparizioni televisive. Piace, di Gruber, che la competenza sia per lei visibilmente uno status, un diritto di nascita e di appartenenza, un’uniforme impeccabile.

A seguito di una crisi sentimentale che si preannuncia risolutiva, Lonzi e Pietro Consagra, suo compagno, si incontrano nella casa romana di Carla tra l’aprile e il maggio del 1980. Il loro dialogo si protrae quattro giorni e viene registrato: da qui il libro. Possiamo avvicinare Vai pure come frammento di un’etnografia del rapporto di coppia, rottura delle “omertà”; oppure come incontro|scontro tra un artista ormai affermato, colto in un momento di dubbio circa la propria attività, e una femminista già critica d’arte che riflette sulle impasse della creatività contemporanea…

[Il testo è ripubblicato nel blog con minime varianti rispetto alla versione a stampa (Michele Dantini, Cronaca di uno scisma, in: Alfalibri, supplemento a Alfabeta2, 5.2011, p. 10-11]

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