# 26. Un gioco che è iniziato da un po’, e che sta forse prendendo la mano. Alcuni giorni fa Riccardo Luna, primo direttore di Wired Italia, collaboratore di Repubblica dal settembre 2011, accoglieva il progetto di un’estensione della banda larga alla totalità del paese come premessa di un’imminente impetuosa crescita economica. “Scommettere tutto su Internet, oggi in Italia, non è più un fatto ideologico. E’ un fatto economico. L’economia digitale è capace di creare nuova occupazione” (*). Ammettiamo di essere web-addicted, e di trascorrere in rete molte ore. Ammettiamo anche di essere cultori di ricerche di frontiera, affascinati dall’esplorazione intellettuale e dal talento, persino soggiogati da competenze molteplici e fini. Questo non ci esime tuttavia dal cercare di essere critici e autocritici, neppure (o proprio) in tema di “innovazione”: varcare la soglia sottile che divide l’informazione dalla propaganda, il pacato ottimismo dalla televendita non è mai buona cosa. Crediamo davvero che un “New Deal digitale” attenda l’Italia? Non in assenza di competenze tecniche, dispiegamento di risorse, legalità e trasparenza del mercato, ingenti campagne di scolarizzazione. L’innovazione non è un mood; nè consegue necessariamente all’introduzione di un semplice dispositivo tecnologico. Certo: nello stesso giornale si dice, in altra pagina, che nelle sedi parlamentari già “si parla di voto a maggio, con il ministro Passera nel ruolo che fu di Prodi”. E dunque: Luna per Passera, il tema dell’”innovazione” gridato con il megafono, cantato dai tetti, imposto (arcaicamente) come panacea di ogni male. Ma c’è “innovazione” nel diffondere irreponsabilmente attese illusorie? Abbiamo già sperimentato ad abundantiam, pare, e proprio noi in Italia, il marketing come surrogato di un’efficace azione di governo. Perché rilanciare?

Leggi il seguito di questo post »